Chiesa San Giovanni Battista
Di fronte alla Centopietre si erge la Chiesa risalente al X secolo. L'edificio ricorda la cruenta battaglia tra Cristiani e Mori del 24 giugno 877. La chiesa, a pianta rettangolare a tre navate divise da pilastri, è uno degli esempi più caratteristici dell'arte romanica pugliese.
Questa chiesa è stata per molto tempo ignorata, chiusa al culto e destinata a cimitero di Patù .Nel 1959 il Ministero della Pubblica Istruzione chiese all’Università di Bari di svolgere un rilievo sulla chiesa. Il lavoro più accurato e minuzioso fu svolto dallo studioso professor Adriano Prandi, ordinario di Archeologia Cristiana ,Storia Medievale e Moderna presso l’ Università di Bari .
Nel suo saggio descrive anche altre chiese della Terra d’Otranto .
Un approfondito studio strutturale, effettuato negli anni sessanta ,mette in evidenza caratteristiche bizantine e romane relative alle misure dell’edificio e dei conci per cui si può ipotizzare che l’edificio sacrosia stato costruito in epoca e con misure bizantine ma su un tempio greco-romano. Fino al 1985 davanti alla porta d’ingresso della chiesa c’erano due elementi di colonna dorica alti circa 1,20 metri.
Il Prandi riconosce almeno 3 fasi temporali in cui la chiesa è stata realizzata.
1) La fase più antica(X-XI) si riferisce alla base dell’edificio formata da conci di grandi dimensioni di forma quadrangolare per un’altezza di circa 2m.;a questo periodo risalgono l’arco a sesto intero che forse costituiva l’ingresso originario in facciata e la bifora (finestra con due aperture divisa da una colonna o pilastrino) dell’abside.
2) Alla fine del XII-inizi XIIIsec venne chiusa la bifora dell’abside e furono modificate le mura con la sovrapposizione in altezza di conci più piccoli regolari e lisci . . Furono aperte una serie di piccole finestre strette e oblunghe e sul lato nord un ingresso laterale più piccolo, oggi chiuso.
3) Nella terza fase , intorno al 1530 fu rimpicciolito l’ingresso della chiesa e fu apposto un arco. Si può notare che l’arco di scarico poggia sullo stipite sul lato sinistro mentre non poggia perfettamente sul lato destro. Nel1532 fu rimpicciolito l’ingresso alle dimensioni attuali e inserita un architrave con incisa un’iscrizione in latino, ormai illeggibile. Su questa epigrafe gli studiosi hanno dato diverse interpretazioni. La traduzione più accurata è quella che nel1996 ha pubblicato il prof. Caloro di Alessano :
”Guidato dalla protezione del Santo, qui Re Carlo, con un esercito numeroso umiliò nella(loro) potenza le orde dei Mori.“
Quindi egli stesso fece costruire la chiesa in onore di San Giovanni.
Correva il Seicentodiciassettesimo anno.
Annunzia (o pietra),a chi pur doveva sapere, che le reliquie erano nascoste Qui.
Per lungo tempo era girata la voce che esse non si trovassero in nessun luogo.
Tuttavia,lo stesso vicario Antonio, al tempo del degno
Vescovo Francesco Antonio le ha per primo trovate.
L’iscrizione in una prima parte commemora la battaglia contro i Saraceni che, secondo la tradizione locale, sarebbe stata vinta da re Carlo grazie al sacrificio del condottiero cristiano Geminiano sepolto con onore in Centopietre. Lo stesso re Carlo costruì la chiesa di San Giovanni, presumibilmente sulle rovine di un tempio dorico, e qui nel 906, furono trasferite le spoglie di Giminiano.
L’epigrafe sembrerebbe poi dichiarare che le reliquie del condottiero ,che per lungo tempo erano state ritenute disperse, siano state ritrovate nella chiesa nel 1523 dal Vicario Francesco Antonino durante i lavori di restauro.
Diverse ipotesi sono state fatte da studiosi circa la frase dell’iscrizione :”Correva il seicentodiciassettesimo anno”.
Se all’anno 1523 sottraiamo 617 data dell’incisione avremo 906 ma questa data è troppo lontana dall’anno 877 in cui ci fu l’epica battaglia contro i Saraceni. Si pensa, dunque, a uno sbaglio di chi ha inciso l’iscrizione.
Altri tra cui il Prandi,interpretano la data del 617 come il tempo trascorso dal primo ritrovamento delle reliquie di Giminiano in Centopietre, nel 906 , all’epoca del secondo ritrovamento nella Chiesa nel 1523 ,dopo un periodo in cui si pensava fossero andate perdute,così i conti dovrebbero tornare.L’ ipotesi ritenuta possibile dal professor Caloro sarebbe che i 616 anni non sono altro che il tempo intercorso tra la data della deposizione delle reliquie e quella del ritrovamento.Tale calcolo degli anni così preciso deriverebbe dal fatto che insieme alle reliquie sia stata rinvenuta una SCHEDULA sulla quale di solito veniva scritta la data della loro deposizione all’interno della chiesa.Fin dal IV secolo,infatti,la consacrazione a Dio delle chiese poteva avvenire solo se fossero dotate delle sacre reliquie di Santi o Martiri . Proprio per questo motivo accadeva che tra la costruzione e la consacrazione passasse un periodo di tempo abbastanza lungo.
Per quanto riguarda il Re nominato nell’epigrafe potrebbe essere Carlo II,detto il Calvo, che regnò dall ’875 all .’877 , oppure con Carlo III, il Grosso, morto nell’888. In tal senso la datazione della costruzione della chiesa si potrebbe collocare tra l’875 e l’ 888.
Dopo il Concilio di Trento tra il 1570 e il 1590 nella Diocesi di Ugento e Alessano si registrava la presenza di preti legati al rito latino e di chierici legati al rito bizantino. Anche a Patù ,in quegli anni veniva officiato sia il rito greco sia quello latino e ciò si rileva nelle raffigurazioni per l’alternarsi di un santo latino ad uno orientale.
Fino al 1900 la copertura della chiesa non era come la vediamo oggi :la navata centrale aveva un doppio spiovente mentre le navate laterali un unico spiovente ,in legno e ricoperti da “imbrici” cioè tegole di terracotta. Nel 1905 furono ultimati i lavori di copertura sconvolgendo in parte l’ originario stile romanico-bizantino. A questo punto i finestrini oblunghi si trovarono solo all’interno e così per dare luce all’ambiente si procedette alla realizzazione di un rosone nella parte superiore in corrispondenza dell’ abside.
L’indagine archeologica condotta dalla Sovrintenza Archeologica di Taranto alla fine degli anni ottanta all’interno della chiesa confermerebbe la sua costruzione intorno all’ XI secolo in un luogo già adibito a funzioni funerarie.
INTERNO DELLA CHIESA
L’interno ha la pianta basilicale a tre navate, una centrale e due laterali divise dalla centrale da 5 pilastri quadrati più due addossati alle pareti, sormontati da un capitello tronco-piramidale rovesciato su cui si innestano le arcate a tutto sesto; le misure interne evidenziano l’uso del piede bizantino (cm 31,5).
Nel III sec a.C. ,quando il Salento venne conquistato da Roma Vereto divenne un municipio.
A sinistra entrando nella chiesa possiamo vedere un grosso blocco di marmo ,un CIPPO FUNEBRE ROMANO sul quale possiamo leggere in latino:
M Fadio M. F.// Fab. Valerino// Post mortem/
Fadius Valerianus pater // et Mina Valeriana mater//
L-D.D.D-(Locum Decreto Decurionis Dant)
Traduzione
A Marco Fadio//Valerino//dopo la morte//
Marco Valeriano padre//e Mina Valeriana madre//
Posero con decreto del Decurione
Nel 2015 sono stati ultimati i lavori di restauro dei dipinti murali presenti,sulle pareti laterali dell’abside e sul sesto pilastro a sinistra sono stati riportati alla luce quattro strati di intonaci.
Esattamente al centro si trova l’immagine di una Madonna in trono con Bambino;
uno strato sovrapposto di dipinto presumibilmente raffigura lo Spirito Santo con ai lati 2 Angeli;
nella PARTE DESTRA dell’abside, due successioni stratigrafiche di cui le immagini più esterne , dunque più recenti,sono meglio conservate e raffigurano due Santi vescovi; l’ultimo verso l’esterno è San Giovanni Battista lo si può riconoscere dalla formella circolare a lato, al cui interno vi è raffigurato l’agnello che è il simbolo di questo Santo.
Alla PARTE SINISTRA di chi guarda l’abside si possono vedere 4 successioni stratigrafiche, sullo strato più interno cioè quello più antico si intravede una Croce e delle lettere VMA e un altro strato con la decorazione blu.
Subito al di sopra si trova un’altra stratigrafia in cui ci sono raffigurati 2 Santi che corrisponde alla decorazione del soffitto ;mentre la Trinità dunque Dio (con un nimbo crucigero),la colomba ,lo Spirito Santo, e Cristo in Croce è il penultimo strato di queste decorazioni.
Nel TRANSETTO A SINISTRA vi è il Cristo deposto all’interno del sepolcro. Infatti si possono vedere raffigurate le mani incrociate sul fondo e sullo sfondo il segno della Croce in legno con le venature del legno.
Sul TRANSETTO posto a DESTRA le restauratrici ipotizzano si tratti di San Pietro ma si vedono solo la barba,la capigliatura e l’aureola.
Sul SESTO PILASTRO oltre a San Giovanni Battista, sull’altra facciata c’è raffigurato San Leonardo(con accanto il nome).
Studi recenti pubblicati nel 2004 da Marina Falla Castelfranchi farebbero risalire la Chiesa al sec. VI come altre chiese salentine quali Santa Maria della Croce a Casaranello,Santi Cosma e Damiano detta Centoporte a Giurdignano e Santa Eufemia a Specchia Preti.La ricercatrice ritiene che l’abside, le finestre della stessa e la bifora della facciata trovino precisi riscontri nell’architettura paleocristiana di Terra d’Otranto.
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